Guardiani del tempo
Maria Teresa Roberto
Una collezione di arte orientale, una dimora seicentesca riplasmata nel XIX secolo, un impianto a scacchiera di impronta romana: sono le molteplici cornici in cui hanno inserito le loro opere gli artisti invitati a esporre al Museo di Arte Orientale di Torino. Scatole cinesi, non ancorate alla loro identità originaria ma aperte alle trasformazioni: le maglie delle insulae romane hanno assunto nei secoli allineamenti meno rigorosi, la corte interna del palazzo ospita due giardini zen, il percorso espositivo conduce dall’arte del Gandhara alle collezioni cinesi, tibetane e islamiche con un allestimento che articola in forme diversificate la grammatica minimalista. La compresenza di stratificazioni storiche e contemporaneità è dunque inscritta nella carta istitutiva del MAO, e diversi per provenienza e formazione sono i giovani artisti qui convocati per Gemine Muse. Badelita dalla Romania si è trasferita a Torino entrando a far parte della scuola di Incisione dell’Accademia Albertina; Reviglio si è perfezionato a New York, con un Ph.D. in Astronomia alla Columbia University e corsi di pittura all’Art Students League; Riccobono, Bella e Alvino hanno studiato arti multimediali a Pisa e Milano, collaborando tra gli altri con Studio Azzurro, e nel 2007 hanno scelto Torino come punto di partenza dei progetti siglati Aurorameccanica. Esponenti di una generazione per cui il transito e l’interazione tra culture è un passaggio non obbligato ma piuttosto desiderato, questi artisti hanno realizzato opere accomunate dalla leggerezza e dall’attitudine a cercare punti di intersezione tra le differenze. Badelita si è ispirata all’archetipo del mandala, simbolo nel Buddhismo di unità e perfezione. Diagramma circolare e dinamico in cui si combinano forme geometriche ed elementi figurali, il mandala è presente in tempi e civiltà diverse, e la cultura novecentesca lo ha letto come tracciato dell’ordine interiore, capace di riequilibrare traumi e tensioni. Per dipingere il suo, Badelita ha compiuto un atto di sincretismo: la radice iconografica è nella tradizione del cristianesimo ortodosso, con la figura del Cristo circondata dagli emblemi dei quattro evangelisti; ma Gesù appare qui come un giovane asceta in meditazione, sospeso e levitante in un cerchio magico. Reviglio ha guardato invece alla tradizione delle ombre cinesi. Egli applica il metodo scientifico alla pratica artistica, sperimentando nelle sue serie fotografiche i processi di riflessione, rifrazione e assorbimento della luce e di produzione dell’ombra. In The Weight of Time si è aggiunta la variabile tempo, analizzata come entità fisica e come misura storica. “Il trascorrere del tempo – nota l’autore – è il processo fisico che distrugge la memoria. Sopravvivere a tale processo è il test finale di merito artistico: mentre molte opere svaniscono, diventando ombre della memoria, solo alcune rimangono, testimoniando l’esistenza dell’artista e influenzando il percorso dell’arte”. Le installazioni interattive di Aurorameccanica sono immagini che si trasformano: fiori che germogliano e poi tornano a ritrarsi nei loro boccioli, opere d’arte contemporanea che scoppiano come palloncini, merci che si accumulano o spariscono nascondendo o rivelando corpi di donna. Queste inversioni di rotta sono determinate dal tocco dell’osservatore, che al MAO, sfiorando i guerrieri senza armi di un esercito di terracotta, produrrà una metamorfosi capace di dar loro vita e parola. Realizzata in collaborazione con un gruppo di studenti cinesi iscritti agli atenei torinesi, l’installazione declina al presente il tema del dialogo tra le culture.